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Il vaso di Pan&Dora

:: di Umberto Gorini ::

Aprì gli occhi. La prima cosa che vide fu il vaso, riccamente dipinto, posto su un piccolo tavolo al centro della sala. Il vaso era aperto e il coperchio per terra. Cosa era accaduto?
Aveva dormito, ma quanto a lungo? Forse secoli…

Accanto a lei giaceva Pan, suo fratello , ancora immerso in quello stato di mezzo tra sonno e veglia.
Lo guardò con attenzione: il volto del giovinetto con gli occhi chiusi sembrava persino grazioso, ma lei conosceva a sufficienza la sua indole e il suo, a dir poco, pessimo carattere. In qualche modo poteva anche capirlo, poiché lei, Dora, forgiata da Efesto e istruita da Ermes, aveva ricevuto dagli dèi infiniti doni: bellezza, virtù, abilità, grazia, astuzia e ingegno. Il fratello, invece, creato per primo da un piuttosto inesperto lavorante della fucina di Efesto, aveva un corpo deforme, un’anima piena di livore e un carattere, brutto e beffardo, che lo portava a escogitare continuamente cattiverie e burle verso gli abitanti dell’Olimpo.
Per di più Ermes – in preda a chissà quale sghiribizzo – lo aveva chiamato Pan, ma il fauno, re delle selve, non l’aveva presa bene, tanto è vero che spesso scagliava il suo flauto contro quel briccone di suo fratello che lo derideva per il suo aspetto caprino.

Vaso di PanDora

Di colpo a Dora ritornò tutto in mente: la proibizione di Zeus di non aprire mai e per nessuna ragione il vaso, l’insistenza di suo fratello Pan, che naturalmente l’aveva tormentata e abilmente stuzzicata, così a lungo da farle decidere di dar furtivamente un’occhiata…
Ma appena aperto, dal vaso uscirono tutti i mali che si avventarono furiosi sul mondo: la vecchiaia, la gelosia, la malattia, il dolore, la pazzia e il vizio si abbatterono sull’umanità.
Subito dopo Pan&Dora erano caduti in un sonno profondo e senza sogni. Forse per punizione di Zeus. Una punizione comunque “lieve” rispetto alle saette con cui il Re degli dèi usava incenerire i disubbidenti.

Adesso Pan era completamente sveglio e si stropicciava gli occhi come fosse un bambino. Guardava ora Dora ora il vaso.
“E adesso, come possiamo riparare al danno fatto?” – disse Dora più a sé stessa che a Pan.
“Una volta, per puro caso, ho sentito Efesto dire che aveva lasciato la SPERANZA in fondo al vaso!” – disse Pan.
“Vediamo se riusciamo a recuperarla!” – esclamò Dora.
Si avvicinarono lentamente e guardarono nel fondo del vaso. Sembrava essere completamente vuoto, dopo che i mali ne erano usciti a frotte, come uno sciame impazzito di vespe.
Pan aguzzò poi lo sguardo: “Guarda sorella, sul fondo sembra muoversi qualcosa…” Allungò timorosamente la mano e la ritirò con uno scatto… “Una sardina!” – gridò Dora vedendo il pesce che sguizzava tra le dita del fratello.
Pan si rivolse a Dora con il suo solito tono beffardo: “E questa, sarebbe la speranza per l’umanità? Una sardina?”
E fece per rigettarla, con sdegno, nel vaso.
Dora lo guardò a lungo… e gli disse con molta calma: “Una sardina forse no, ma molte?”

© Testo e immagine – Umberto Gorini

:: Questo racconto è stato realizzato durante il laboratorio di scrittura creativa di Mattia Grigolo – Le balene possono volare – svoltosi a Frankfurt am Main il 23 e 24 novembre 2019 e organizzato da ITALIAALTROVE, Associazione Italiana Francoforte. Editing a cura di Stefano Angelo ::

:: Audio in lavorazione a cura di Stefano Angelo ::

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