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Foto aereo mb339 di Elena Barsottelli

Un giorno perfetto

:: di Bernardo Tomea ::

Adoro l’estate. Dichiarazione scontata, penserai. Ma per uno come me, che vive a Frankfurt am Main da 11 anni, l’estate comporta cambi a dir poco significativi. Cambi netti: colori, odori, suoni. Tutto diverso, o forse sono io ad esser diverso… Assaporare giornate terse diventa, così, un piccolo lusso che lascia retrogusti insperati. Sorprendenti, direi.

Amo l’estate, ma c’è una cosa che amo di più. Amo volare! Amo le sensazioni, le emozioni, i palpiti che solo il volo mi sa dare. Sensazioni spesso intime, spesso intense. Un volo si può condividere ma le sensazioni no. Il corpo, i sensi reagiscono in maniera diversa rispetto alle esperienze di quota zero.


Alcuni voli sono un’esperienza quasi spirituale, altri, invece, richiedono molta presenza fisica. Per questo, di solito, amo volare da solo. Di solito…

In estate, stranamente, no. Forse perché l’estate è veramente breve da queste parti. Così in estate, alcune volte, mi piace condividere l’esperienza del volo con altre persone. Mi piace condividere con gli altri la prospettiva privilegiata di chi vola a duemila piedi. Mi piace sondare, scoprire, capire, come l’esperienza abbia ridestato nei miei ospiti sensazioni sopite. La routine abbassa la capacità di percepire il nostro intorno. Per questo una bella scarica di adrenalina, di tanto in tanto, ci vuole proprio. Lo dico ridendo. Anche perché, specialmente per i neofiti, ritrovarsi tra le nuvole su un Katana (un piccolo aereo biposto da addestramento) dà una bella scossa… Qualche volta, se capita di parlarne, i miei passeggeri possono essere intimoriti nello scoprire che sono abilitato al volo acrobatico e mi tocca rassicurarli: “Nessuna acrobazia per oggi, non preoccuparti, ma è un’ottima maniera per avere maggior confidenza con l’aria”. Confidenza relativa, ripensandoci, perché pur volando un paio di volte a settimana, so che ogni volo è differente, so che ogni volo mi regalerà qualcosa e non so mai quello che mi aspetterà.

Così, a fine luglio, ho incontrato un amico all’aeroporto proprio all’orario di apertura (0800 CEST).

Mi piace essere tra i primi ad arrivare all’aeroporto di Egelsbach, a pochi minuti dal centro di Francoforte.  Mi piace tirare fuori l’aereo dall’hangar mentre l’aria è ancora fresca, prima che inizi il caldo che, di anno in anno, si fa sempre più torrido. Mi piace fare i controlli pre-volo nel silenzio del piazzale con solo il rumore delle bandiere e della “calza a vento” mossi dalla brezza mattutina.

Ma oggi sono in compagnia, così eseguo i controlli pre-volo spiegandoli, in maniera dettagliata, al mio ospite e gli spiego anche perché sono fondamentali per la sicurezza del nostro volo. Nel corso degli anni trovo che, in realtà, dire ad alta voce quello che sto facendo o sto per fare, mi rende meno incline a dimenticare le cose e commettere errori, quindi mi piace avere, di tanto in tanto, una persona che mi stimoli ad esser, solo con la sua presenza, maggiormente preciso, senza sentirmi come un matto, privo di pubblico, che va blaterando ad alta voce intorno e dentro al velivolo. 

Ricapitolando: carburante buono, tutti i sistemi funzionano a dovere, io mi sento stupendamente bene.

Contatto la torre per chiedere la pressione (che mi serve per regolare l’altimetro correttamente) e la pista che dovrò usare… 

“Delta Echo Whisky Whisky Foxtrott , Pista 26, Pressione 1014 Hg” ripeto alla torre.

La torre mi dà l’ok definitivo. Mi allineo sulla RWY 26 e mi preparo a decollare in quello che sembrava il giorno più limpido e calmo dell’anno.

Il decollo è rapido e morbido, l’ombra si stacca da terra a 55 nodi. Dopo la salita iniziale mi dirigo a sud verso Darmstadt e ancora oltre verso le colline che si ergono a sud della città.

Vicino alle colline l’aria è liscia, quasi vellutata. Sembra quasi che accarezzi la fusoliera. Non so come spiegarlo, ma queste carezze le sento anche io. Lo dico sempre ridendo al mio ospite che mi guarda un po’ perplesso. Intanto ci godiamo il panorama, la visibilità è praticamente illimitata. Subito dopo aver superato la città di Darmstadt con una direzione sud, volgo lo sguardo direttamente a Mannheim e alla valle del fiume Neckar, affluente del Reno, dove si trova la città di Heidelberg. Che meraviglia!

Sorvoliamo il Reno a 1500 piedi, il colore delle sue acque è di un insolito blu. Mentre sto monitorando gli strumenti, nella mia “pancia” sento che un giorno come questo è una benedizione, un pieno di libertà, che sgombra la testa dallo stress del lavoro e inietta ricordi mozzafiato. Mi fa paura pensarlo, ma sento che sono felice, mentre passiamo sopra uno dei miei castelli preferiti…

Ogni collina ha un castello. Volo sopra Burg Frankenstein, proprio il castello della novella di Mary Shelley, poi sopra Schloss Auerbach con la sua curiosa pianta triangolare. Mi tuffo ad est nella valle che porta sul paesino di Fischbachtal. I boschi sono interrotti da prati e campi. Agglomerati di poche case con i tetti spioventi sono sparsi qua e là. Sotto di me, qualche automobile percorre le curve delle bellissime strade di campagna.

A questa altitudine volano solo falchi e aquile e a me sembra quasi di essere un intruso. Non sto volando da ‘A’ a ‘B’, magari con la giustificazione di un viaggio di lavoro. Mi sto appropriando della libertà e della vista che appartengono a un’aquila.  Per questo mi sento grato e umile allo stesso tempo.

Continuo verso Nord, ormai preparandomi all’atterraggio quando qualcosa attraversa la mia traiettoria verso l’alto, veloce e improvviso. Il mio ospite lancia una imprecazione. Ma io rimango in silenzio. Sono solo concentrato sull’oggetto. Non capisco immediatamente cosa sia, o in che direzione stia volando, vedo solo una scia bianca. Istintivamente porto la barra di comando a fondo corsa verso destra cercando di spostarmi dalla traiettoria dell’oggetto. L’aereo risponde al meglio delle sue possibilità, ma la virata del piccolo Katana non è quella di un mezzo acrobatico. In pochi istanti l’oggetto completa un giro della morte e scende, in picchiata, esattamente allineato alla mia ala sinistra, grazie al cielo appena qualche metro più in là. Allora riconosco la sagoma di un modello radiocomandato a turbina. Un maledetto giocattolo! Porto l’aereo di nuovo in volo livellato. Guardo indietro. Respiro. Controllo i dati dell’altimetro. Il mio ospite è pallido e silenzioso, sembra quasi che stia trattenendo il respiro. Chiamo il controllo radio di Langen e faccio rapporto sull’incontro ravvicinato. Così ravvicinato che mi rendo conto di essere appena entrato nelle statistiche degli avvenimenti aeronautici a causa di quello che in gergo tecnico si chiama un “near miss”, una collisione mancata per poco.

Continuo verso Egelsbach per atterrare.  Atterro pochi minuti dopo, posando delicatamente il carrello sull’asfalto della pista. Sulla pista di rullaggio tre o quattro aerei sono già allineati per il decollo, ignari della mia disavventura. Non trovo inizialmente le parole per commentare con il mio passeggero e preferisco concentrarmi sui controlli dopo il volo e fare subito un paio di telefonate per fornire maggiori informazioni, che quando si è “in frequenza” non c’è il tempo di dare. “L’abbiamo scampata…” dico poi sospirando. Il mio ospite, ancora a bordo con le mani piantate sul cruscotto, dice con un fil di voce: “Siamo a terra”.
Cosa sarebbe successo se l’aereo giocattolo a turbina ci avesse colpito? Chi lo controllava? In che direzione volava? È successo tutto così rapidamente che non sono in grado di rispondere a queste domande. Tutto si farà più chiaro nei giorni seguenti, riguardando i video presi dalle due telecamere che ho a bordo e dopo il rapporto alle autorità.

© Testo – Bernardo Tomea
© Immagine – Elena Barsottellilink su Instagram
:: Editing a cura di Stefano Angelo e Salvina Pizzuoli ::


nota: per avere una idea su questi “piccoli giocattoli” ecco un video


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