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Il dito medio

Il dito medio

:: di Stefano Angelo ::

– Non ce la faccio più.

– Che succede chavalín?

– Smettila di parlarmi in “itañolo” che non vivi più in Spagna. E poi non sono più un ragazzino.

– Come che non vivo più in España, ma se l’Europa dovrebbe essere una Spagna allargata!

– Ma che dici nonno? Allora i tedeschi potrebbero dire che l’Europa dovrebbe essere una Germania allargata! Ma non è così!

– Guarda che i teutoni ci hanno già provato una volta e secondo me continuano a provarci, anche se in forme diverse…

– Ma bastaaa! Che nel 1939 non eri nato nemmeno tu!

– Dettagli (e poi pensavo un po’ anche al dodicesimo secolo).

– Ma che dettagli, piuttosto spiegami perché solo noi usiamo la parola “tedeschi”. In spagnolo si dice Alemania y alemanes, in inglese Germany and Germans, in francese si dice Allemagne et Allemands, perché diamine noi usiamo la parola “tedeschi”?

– Ma quante lingue tu sai? E poi se continua così saremo sul serio tutti “tedesken”, studia solo il tedesco che è meglio, va…

– Ma basta con ‘sta crisi post elezioni. Anche il comunismo è morto e in fondo non è servito a niente, anzi ha fatto solo danni.

– “Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra?”

– Smettila di citare Gaber e dimmi qualcosa di sensato.

– “L’ideologia, l’ideologia, malgrado tutto credo ancora che ci sia”

– Al massimo puoi dire “spero” ancora che ci sia…

– Ma basta “non parlare” di politica, veniamo “a noi!” (accennando, ridendo, il saluto fascista) Cosa ti turba nipotino mio? Luce dei miei occhi, lampadina del mio bagno da 100 watt.

– Sei solo invidioso perché la nonna mi diceva che sono “bello come il sole” mentre a te non lo ha detto mai (ridendo di gusto).

– Quisquilie. Allora, vuoi dirmi perché sei venuto a disturbarmi mentre mi stavo godendo il mio sigaro toscano?

– Semmai ti stavi vedendo un porno, dai nonno che li so tutti i tuoi segreti.

– Zitto zitto, con tutti i droni che ci sono, altro che Orwell.

– Ma se ne usi uno anche tu per spiare le vicine di casa!

– Appunto (ridendo di gusto). Ma alla mia età non possono mica mettermi in prigione.

– Hai ragione! (ride anche il nipote, citando Gianna Nannini)

– Allora, vuoi svelarmi l’arcano?

– Va bene nonno. Torniamo seri. Il problema è che non sopporto più la mamma.

– E che succede? Cosa avrà mai fatto questa volta quella santa donna.

– Mi dice che non posso fare “il dito medio”, che è volgare.

– E non ha ragione?

– Ma se a scuola lo fanno tutti, anche i professori, a volte.

– Non farmi ritirare fuori la storia del salto nel pozzo, per favore.

– Ma non centra l’imitazione o l’esser succube delle mode, come dici te. Il fatto è che ormai sono grande e posso dire le parolacce, anche con le mani se voglio.

– Di nuovo con “l’erba voglio”, che lo sai già “la un nasce neanche ’n Boboli”.

– Nonnooo ma basta con le citazioni e basta dirmi che non posso fare quello che voglio io fino a quando non mi metto a lavora’, che tanto di lavoro ce n’è poco.

– Questo è vero, però il rispetto delle regole di una casa è una cosa importante.

– E perché io non posso partecipare alla stesura di queste fantomatiche regole? E poi… magari fossero messe per iscritto. Escono così, all’improvviso, quando meno te lo aspetti. Secondo me mamma e papà se le inventano di volta in volta solo per farmi impazzire. I grandi hanno troppo potere!

– Ecco questa cosa della limitazione dei poteri potrebbe esser interessante, ma non in questo caso.

– Come no in questo caso! Se continua così, io ai 18, vivo, nemmeno ci arrivo.

– Non fare il melodrammatico. Te lo abbiamo detto centinaia di volte. Fino a una certa età conta più l’esperienza dei genitori, sono loro che possono vedere oltre e darti buoni consigli.

– Appunto, dovrebbero essere consigli e non imposizioni.

– Imposizioni, non esageriamo. D’altronde loro a scuola non ci sono. Se fai il “dito medio” in classe nessuno ti vede. Tranne io con il drone, ovviamente (grassa risata).

– Però perché dovrei comportarmi in un modo in casa e in un altro fuori casa. È un delirio.

– Ma nemmeno puoi comportarti con i tuoi genitori come se fossero i tuoi amici di cortile.

– Ma che cortile, nonno! Nel cortile ci giocavi tu!

– Va bene, va bene, ma dovresti capire il senso. La famiglia e la scuola dovrebbero essere delle “istituzioni” con delle regole da rispettare. Regole buone per farvi crescere in maniera migliore, per prepararvi a essere dei buoni cittadini. Già la scuola si è sbracata abbastanza. Ai miei tempi ci si alzava quando entrava un adulto. Preside, insegnanti, bidelli dovevano esser rispettati.

– Ma nonno, se il bidello adesso non esiste nemmeno più e si chiama “collaboratore scolastico”.

– E lo spazzino che si chiama adesso “operatore ecologico”. Senti. la distinzione tra forma e sostanza la lasciamo per un’altra volta, altrimenti si diventa scemi. Torniamo “a noi” senza braccio alzato. La questione è che in una società non può regnare l’anarchia, perché l’anarchia, come il comunismo, è una utopia. Ora non mi far tirar fuori ricordi sbiaditi su Thomas More o su Pierre Joseph Proudhon o alcuni Illuministi. Per vivere in una società senza regole dovremmo raggiungere prima un punto estremo di evoluzione. Un tal punto che in parte cancellerebbe la natura stessa dell’uomo. Senza entrare nei dettagli, per poter vivere senza regole l’uomo, il cittadino, dovrebbe esser così evoluto da rispettare il prossimo “oltre natura”. Non ci dovrebbero essere invidie, egoismi, avarizie, ingordigie ecc. Non dovrebbe esistere la moneta. Tutti dovrebbero produrre, al massimo, secondo le proprie capacità – ma senza stressarsi – e tutti dovrebbero consumare, al minimo – ma senza soffrire –, secondo bisogni fisiologici temperati attraverso l’educazione o addirittura una forma di “auto educazione”.

Questo è forse possibile?

A volte mi viene il dubbio che alcuni filosofi non avessero figli o non avessero tempo per osservarli.

Tanto per capirci… se adesso ti portassi in una pasticceria e il proprietario ti dicesse che puoi mangiare, gratis, tutti i dolci che vuoi, tu ti rimpinzeresti fino a scoppiare. Non saresti capace di pensare ad altri ipotetici ragazzini che potrebbero entrare in quella stessa pasticceria dopo di te. Saresti capace di svuotare il bancone senza lasciare niente, lucidandolo anche con la lingua.

– Dai nonno, smettila, non esagerare.

– Ma andiamo indietro nel tempo. Mi ricordo che quando tentavo di toglierti il sonaglino dalle mani, a pochi mesi di vita, urlavi come un ossesso e ti ribellavi. Ecco, in quel momento ebbi una visione: la “proprietà privata” è innata fa parte dell’istinto. Quanto tempo ci abbiamo messo per insegnarti che è giusto condividere i propri giocattoli anche con gli altri bambini. Cinque anni? Non lo ricordo nemmeno più. Però la condivisione è un valore importantissimo in una società. Senza condivisione di beni, mezzi, idee, conoscenze non si va da nessuna parte. E anche la condivisione ha bisogno di regole.

Quindi, visto il livello di educazione attuale… o meglio dire visto il livello della “buona educazione”, si può forse vivere senza regole?

Oppure, meglio vivere in una società imperfetta con delle regole di convivenza civile o vivere in una società perfetta con “auto-regole” inumane? In cui tutti sanno trattenersi e non svuotare il vassoio di pasticcini gratis?

La risposta facile non è. Queste domande te le lascio come promemoria per l’università, se esisterà ancora (ridendo). E poi l’assenza di regole esterne richiederebbe la presenza di regole “naturali” interne, che al momento non fanno parte della nostra umanità.

– Nonno mi hai fatto venire il mal di testa. Mi hai convinto, in casa non farò più il “dito medio”. Però del tuo discorso non ho capito nulla lo stesso.

– (Sì che hai capito, dai! Pensa il nonno soddisfatto) Dai chavalín, mettimi su “Le elezioni” di Gaber e fammi riprendere il mio sigaro interrotto…

– Vorrai dire “Le erezioni” nonno, non fare il furbo con me (dice ridendo il ragazzino selezionando il brano per il nonno sul loro mega impianto multimediale).

© Testo e immagine – Stefano Angelo

:: editing a cura di edida.net ::

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Se volete… completate il racconto con le due opere di canzone-teatro di Gaber citate:


Le elezioni (Giorgio Gaber – 1976)

Destra – sinistra (Giorgio Gaber – 1994)